Oggi il nostro tester ufficiale, Gianluca “Gaggio” Gaggioli, ci racconta della sua esperienza con la nuova Saucony Peregrine 7.
Ad un primo sguardo, si potrebbe pensare che questa 7ima versione della Peregrine non sia poi tanto differente dalla precedente. L’intersuola e la suola sembrano le stesse, le modifiche alla tomaia cosa vuoi possano influire? Viene da dubitare sia questione di “solo merchandising…”
Ma questo pensiero – a volte veritiero – è molto lontano dalla realtà, in questo caso.
Perché anche la tomaia, al di là dell’estetica, è cambiata, e di parecchio. Adesso è più “rigida” e contenitiva, grazie all’adozione di una struttura in TPU che la ricopre, come fosse un vero e proprio esoscheletro, che include anche la conchiglia del puntale, rigida ma non tanto protettiva. La calzata, alla prima prova, risulta quasi stretta, intorno all’alluce; ma è solo questione di correrci pochi km, che si ammorbidisce, e tenere questa scarpa al piede risulta confortevole.
L’adozione di una conchiglia esterna in materiale plastico, rigido, al contrafforte tallonare, rende la tenuta molto molto tenace.
La suola resta la stessa del modello precedente, e così pure la superficie della la pianta d’appoggio, un pelo più larga – all’avampiede – rispetto alla maggior parte delle scarpe da trail di categoria performance. Trazione ottima su fondi duri e friabili, meno su fondi bagnati, male su fondi fangosi, dove incide negativamente il fatto che la terra bagnata si incolla tra tasselli, e se ne liberi difficilmente, annullandone la capacità di “mordere” il fondo.
Anche l’intersuola appare la stessa – stesse misure, altezza al tallone 21.5, altezza all’avampiede 17.5– ma al suo interno è stato inserito un ulteriore inserto di gomma Everun, che non è più limitato alla sola zona del crashpad posteriore, ma è un vero e proprio cuscino, posto proprio sotto al piede, esteso per tutta la lunghezza dell’intersuola.
A che pro? a migliorare la capacità di assorbimento del fondo e rendere allo stesso tempo il passo più reattivo, restituendo molta dell’energia impressa nel passo; come dichiarato dagli ingegneri Saucony.
Questo dovrebbe rendere la Peregrine 7 una scarpa molto efficiente, specialmente per chi ha un passo con rullata tacco-punta.
Difficile verificare e misurare i miglioramenti di prestazione della scarpa conseguenti a questa modifica strutturale, rispetto alla precedente versione.
Comunque, provando a correre su sentieri facili senza dislivello, adottando diversi ritmi, è parso di avere una migliore efficienza della scarpa procedendo a ritmi elevati, sotto i 5’/km, forse proprio perché a questa velocità si può sfruttare meglio le capacità di rebound della gomma; mentre la scarpa diventava un po più pesante e lenta in risposta a ritmi lenti, sopra i 5’30km.
Comunque, al di là delle prestazioni, possiamo già accontentarci del fatto che ci sia uno strato di ammortizzazione in più, a proteggere il piede e rendere la corsa più confortevole.
Cosa che, unita alla presenza di un rockplate sotto le dita del piede (anche il rockplate ha bisogno di qualche km per “ammorbidirsi”) rende questa scarpa molto confortevole sui fondi più dissestati, ben ammortizzante al tallone in fase di appoggio (quindi bene in discsa), senza rinunciare a essere flessibile all’avampiede, riuscendo a “copiare” bene il profilo del fondo, offrendo una sicura “presa” d’appoggio (di nuovo, bene in discesa).
Pro
Calzata tenace, confort di marcia
Contro
Grip sul bagnato, non scarica il fango; puntale poco protettivo per una scarpa da velocità.
Per chi è
Soprattutto atleti di peso normale o leggero, performanti, “muscolari”, che cercano una scarpa per corsa a ritmi veloci.
Per cosa è
Brevi e lunghe distanze su percorsi veloci, o con molto dislivello, in condizioni asciutte.
Considerazioni finali
Una scarpa da trail running che sulle prime risulta quasi “antipatica”, per la sua rigidità generale, ma una volta rodata, risulta comoda, e ci si può fare affidamento: in discesa, alla prime luci del mattino, col sole contro, basso, la cui luce veniva riflessa dal fondo bianco/argenteo, (senza occhiali da sole), impossibile pre-vedere il sentiero… mi son lanciato alla cieca, e sono arrivato in fondo (dopo ben 2km..) senza mai accusare momenti di incertezza.
Il suo forte è la capacità di accompagnare la spinta in salita, e l’appoggio in discesa, sia si punti il fondo col tallone, che con l’avampiede.
Una scarpa che rende al meglio se si può “pigiare” bene; ci si può fare anche una 100km trail, se si è in grado ci farla a un ottimo ritmo. E’ una scarpa da corsa, non da camminata
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